
giovedì 31 dicembre 2015
How big is your soul?

martedì 29 dicembre 2015
CHRIS CORNELL, ADELE, DEATH CAB FOR CUTIE
CHRIS CORNELL (2015) Higher Truth

Voto Microby: 8
Preferite: Nearly Forgot My Broken Heart, Dead Wishes, Higher Truth
ADELE (2015) 25
Abbandoni l’idea chi pensava che Adele potesse continuare il discorso là dove l’aveva interrotto Amy Winehouse. Dove quest’ultima cercava un connubio tra il soul classico ed i nuovi linguaggi del pop, nel contempo differenziandosi dal nu-soul alla Erikah Badu, al terzo album la londinese 27enne (“25” sta per l’età in cui ha composto i brani dell’album) non modifica formazione e tattica vincente, che hanno portato il precedente “21” ad essere, con le sue 30 milioni di copie, l’album inglese più venduto dall’inizio del millennio. Con poche rivali nel comporre ed eseguire pop-soul ballads per il mercato bianco (necessita solo di piano e voce per esprimere il suo enorme talento), e più nella media nell’affrontare brani più mossi, la rotonda e simpatica inglesina pare sempre più vicina alle stars dell’easy listening di classe come Celine Dion, Whitney Houston, Dusty Springfield, Dionne Warwick che alle muse ispiratrici (per sua esplicita ammissione) come Etta James ed Aretha Franklin. Certo, in questo pop levigato tinto di white soul, Adele Laurie Blue Adkins non ha rivali.
Voto Microby: 7.4
Preferite: Hello, When We Were Young, Million Years Ago
DEATH CAB FOR CUTIE (2015) Kintsugi

Voto Microby: 7
Preferite: Little Wanderer, Black Sun, Good Help (I So Hard To Find)
GUY GARVEY, NADINE SHAH, PANDA BEAR
GUY GARVEY (2015) Courting The Squall
Skippate il primo brano, Angela’s Eyes, scelto come singolo ma del tutto estraneo al resto dell’album. Iniziate quindi l’immersione nella romantica malinconia della voce, evocativa e magnifica, del leader degli Elbow, qui al suo primo sforzo da solista. Evidenti i tentativi di smarcarsi dal neo-prog della band madre, ma la matrice principale resta quella: non siamo insomma di fronte alla frattura artistica completa tra il Peter Gabriel con e senza Genesis. Vi è certo maggior attenzione alla componente ritmica (che ricorda a tratti quella del Pat Metheny “pop”), alle tastiere liquide, avvolgenti, cotonose piuttosto che alla solidità delle chitarre, ma soprattutto agli arrangiamenti per fiati che non hanno nulla della black music, ma sono utilizzati in modo strutturale, bianco e razionale à-la King Crimson, David Bowie, Brian Eno, David Byrne. Splendidi. Così come la qualità della scrittura, all’altezza dei migliori dischi degli Elbow. Unico peccato la disomogeneità del lavoro, forse dettata dall’indecisione sulla direzione stilistica da prendere. Ma Garvey dimostra ampiamente di poter correre da solo con plauso, mentre è difficile pensare altrettanto del resto della band, inevitabilmente schiava delle liriche e della voce struggente del frontman. Speriamo che il nostro continui a tenere il piede in due scarpe.
Voto Microby: 8
Preferite: Harder Edges, Juggernaut, Courting The Squall
NADINE SHAH (2015) Fast Food

Voto Microby: 7.6
Preferite: Fast Food, Stealing Cars, Fool
PANDA BEAR (2015) Panda Bear Meets The Grim Reaper
Membro fondatore dei newyorkesi Animal Collective, Noah Lennox giunge al quinto lavoro da solista ma non si discosta molto dalle più recenti evoluzioni space-pop oriented del collettivo. A dispetto del precedente Tomboy, nel nuovo album non vi è quasi traccia di chitarre: mentre il suono è arioso ed orecchiabile, giocato da tastiere ed elettronica, i testi sono pregni di tensione ed il tema è la morte (The Grim Reaper in inglese), ed il cantato è una sorta di litania mantrica che sembra sublimarla. E’ uno sforzo interessante ma in cui non vi è ricerca, mancano melodie memorabili né vi è grande originalità negli arrangiamenti. Il tutto fa discreto, ma non imprescindibile.
Voto Microby: 7
Preferite: Mr. Noah, Boys Latin, Tropic of Cancer
giovedì 17 dicembre 2015
DAVID GILMOUR
DAVID GILMOUR (2015) Rattle
That Lock

Voto
Microby: 7.8
Preferite:
Faces
of Stone, Rattle That Lock, In Any Tongue
lunedì 14 dicembre 2015
Recensioni: Beth Bombara, Jamie Lawson, Coldplay
Cantautrice nata nel Michigan e cresciuta musicalmente a St. Louis, Missouri, dalle radici profondamente affondate nella cultura musicale della sua area, è al suo quinto disco. Gli strumenti sono quelle della tradizione del genere Americana: violino, pedal steel, banjo, mandolino, ma anche chitarra elettrica e distorta per un suono semplice ed autentico ed una voce che ricorda quella di Natalie Merchant. Il suo genere sta dalle parti di Gillian Welch e Laura Veirs ma ricorda anche Stevie Nicks ed il poprock dei Fleetwood Mac anni ’70. Tutto sommato, un gran bell’album, equilbrato, semplice ma profondo ed appassionato, sicuramente tra i migliori del genere. Da ascoltare: Promised Land, Heavy Heart, Found Your Way. Voto: ☆☆☆☆
Dopo tre di album in 10 anni, un brano di discreto successo (“Wasn’t expecting that”) e peregrinazioni per anni nei bar inglesi ed irlandesi, il 39enne musicista inglese è riuscito a farsi notare da Ed Sheeran che l’ha scritturato per la sua etichetta discografica e gli ha fatto aprire i concerti per il suo recente tour mondiale. Apparentemente niente di nuovo: una chitarra acustica, tastiere qua e là, melodie semplici e una bella voce. Probabilmente proprio l’abbraccio patologico di Sheeran l’ha un pò condizionato e i suoi brani rischiano sempre di scivolare nel pop più scontato: la qualità musicale, la passione ed il talento tuttavia non mancano ed è lecito aspettarsi un’evoluzione sempre maggiore. Siamo dalle parti di Simon&Garfunkel o, più modernamente di James Bay, Biffy Clyro o Ben Howard. Da ascoltare: Wasn’t expecting that, Still Yours, Ahead of myself. Voto: ☆☆☆1/2
Da sempre i Coldplay vivono al limite tra pop di qualità e derive commerciali da pista da ballo. Dopo un disco a mio parere non eccelso e troppo “notturno” (Ghost Stories) questo lavoro rappresenta invece un passo avanti, sempre mantenendosi in perfetto equilibrio sull'orlo del baratro. I primi due singoli attualmente in rotazione, decisamente dance-pop, rischiano di far perdere di vista la grande qualità melodica di gran parte del disco che, come suggerisce la copertina, appare musicalmente caleidoscopico: la discutibile electro-R&B “Hymn for the weekend” è controbilanciata dalle magnifiche Everglow, Birds e, soprattutto, Colour Spectrum, che ricordano gli album degli esordi. Andrea Laffranchi, ottimo critico del Corriere, sostiene che i Coldplay sono sicuramente la più grande band del momento ma continuano a perdere l’occasione di diventare la più grande rock-band degli ultimi 10-15 anni. Non importa: nonostante ci sorprendano e ci disorientino è impossibile non volergli bene. Voto: ☆☆☆1/2
venerdì 11 dicembre 2015
HALF MOON RUN, THE LONDON SOULS, PETER BRODERICK
HALF MOON RUN (2015) Sun Leads
Me On

Voto
Microby: 8.5
Preferite:
Turn
Your Love, Hands In The Garden, Narrow Margins
THE LONDON SOULS (2015) Here
Come The Girls

Voto
Microby: 7.5
Preferite:
When
I’m With You, Steady, Alone
PETER BRODERICK (2015) Colours
of The Night

Voto
Microby: 7.2
Preferite:
Colours
of The Night, Our Best, On Time
lunedì 7 dicembre 2015
I MIEI PEZZI DA SALVARE DEL 2015 - parte terza
I MIEI PEZZI DA SALVARE DEL 2015 PARTE TERZA
- "Somewhere along the way" DAWES (album "All your favorite bands")
- "Right road" EARTH BEAT MOVEMENT (album "Right road")
- "The one" KODALINE (album "Coming up for air")
- "Otis" HOUNDMOUTH (album "Little neon limelight")
- "Fade away" SUSANNE SUNDFOR (album "Ten love song")
- "Chat show" SANGUINE HUM (album "Now we have light")
- "Under grey skies" KAMELOT (album "Heaven")
- "I need to know" NOZE (album "Come with us")
- "From now on" MANDOLIN ORANGE (album "Such Jubilee")
- "Il fuoco" LA NUOVA RACCOMANDATA CON RICEVUTA DI RITORNO (album "Live")
mercoledì 2 dicembre 2015
ANDERSON EAST, RICHARD HAWLEY, GILL LANDRY
ANDERSON
EAST (2015) Delilah

Voto
Microby: 7.7
Preferite:
Devil
In Me, Keep The Fire Burning, Find’em Fool’em And Forget’em
RICHARD HAWLEY (2015) Hollow
Meadows

Voto Microby: 7.6
Preferite: Which
Way, Heart of Oak, Long Time Down
GILL
LANDRY (2015) Gill Landry

Voto
Microby: 7.5
Preferite:
Take
This Body, Fennario, Lost Love
sabato 21 novembre 2015
John Abercrombie: The first quartet (2015)
È uscito, finalmente, il cofanetto che va a completare
l'intera discografia di John Abercrombie pubblicata con la ECM. Dei tre dischi
che lo compongono, e che raccolgono gli album incisi con Richard Beirach, Peter
Donald e George Mraz, in realtà uno era reperibile su CD in Giappone, dove la
casa tedesca pare abbia un successo indiscriminato e dove hanno pubblicato
dischi che in Europa abbiamo potuto vedere soltanto in vinile.
Ben vengano, dunque, questi tre ottimi dischi. Il titolo, The
first quartet, fa il paio con quel The third quartet che nel 2007 sancì il
sodalizio con Mark Feldman, Joey Baron e Marc Johnson, ultimo dei quartetti creati
dal chitarrista americano (l’altro fu quello con Marc Johnson, Michael Brecker
e Peter Erskine). Dei 3, quello che preferisco è M. Abercrombie, nel generoso
booklet che si trova allegato al disco, se ne lamenta per via del suono
eccessivamente crudo ottenuto negli studi di Ludwigsburg (gli altri due dischi
furono registrati al Rainbow di Oslo). Tutte registrazioni europee, dunque, per
questo quartetto americano che nacque a Boston e che rappresentò per
Abercrombie l’occasione per distaccarsi, da un lato, dal modello di John
McLaughlin e, dall’altro, dalla fusion che aveva praticato all’inizio dei ’70. Lo
stesso leader spiega, nelle pagine dettagliatissime e godibili del libretto,
che il quartetto si sciolse perché lui voleva sperimentare un po’ di effetti e
prendere le distanze da un suono mainstream, mentre Beirach nicchiava. I due
contendenti, che si erano conosciuti grazie alla mediazione di Dave Liebman (che
con loro incise sia Lookout farm che Drum ode), si ritrovarono dapprima nel
1987 per un album in duo registrato per la Core Records (Emerald City) e un’ultima
volta tre anni più tardi, entrambi al servizio del bassista Ron McClure, che
stava incidendo McJolt (e queste notizie sono tutte farina del mio sacco: non
troverete nulla sul libretto accluso).
Gli altri due componenti del quartetto – decisamente meno
noti - ebbero una sorte assai diversa: Mraz finì addirittura per suonare con
Olivia Newton-John, mentre Peter Donald è diventato un insegnante di scienze
sociali (come Danilo Tomasetta, il chitarrista di Ho visto anche degli zingari
felici, oggi professore ordinario all’università di Bologna).
mercoledì 18 novembre 2015
ISRAEL NASH, BOY & BEAR, JULIA HOLTER
ISRAEL NASH (2015) Israel
Nash's Silver Season
Dopo
l’esordio nel 2008 in debito con C.C.R. e The Band, nel 2011
l’artista del Missouri proseguiva con Barn
Doors & Concrete Floors il suo viaggio
nelle radici dell’”americana”
con un eccellente roots-rock
figlio di Black Crowes, Bruce Springsteen, Steve Earle, Ryan Bingham.
Allargatosi nel 2013 ad influenze west-coastiane con Israel
Nash’s Rain Plans, un album che gli ha dato
visibilità in quanto ispiratissimo figlio di C.S.&N.
e soprattutto del Neil Young
sia acustico che elettrico (chi ama il canadese non perda tutta la
produzione di Israel Nash Gripka), al quarto lavoro il nostro
abbrevia il cognome e, curiosamente, quel “Nash” ora più
evidente lo avvicina alle atmosfere più solari e bucoliche (ma
sempre americanissime) dell’inglese dei CSN&Y, ma l’impronta
younghiana resta predominante, senza la depressione virata a rabbia
di Young ma con la medesima via di fuga non nel “take it easy”
californiano bensì nella psichedelia, nel Laurel Canyon, nella pedal
steel guitar rurale e nella comunità
americana dei capelloni post-power flower. Ci riesce ancora una volta
bene, senza però raggiungere l’eccellenza degli ultimi 2 lavori.
Voto
Microby: 7.6
Preferite:
Lavendula, L.A.
Lately, Willow
BOY & BEAR (2015) Limit of
Love

Voto
Microby: 7.5
Preferite:
Walk The Wire,
Where’d You Go, A Thousand Faces
JULIA
HOLTER (2015) Have You In My Wilderness
Quasi
unanimemente acclamato worldwide
quale prova di assoluto valore e della raggiunta maturità artistica,
il quarto album della losangelena non finisce di convincermi. Di
formazione classica ma attirata dall’avantgarde
alla Laurie Anderson
e dalla forma-pop alla Kate Bush,
finora era riuscita a fonderle con il dark, l’elettronica, il jazz,
la canzone mitteleuropea senza però concretizzare il capolavoro
(nelle sue possibilità). Ora ci ha provato ma il calcolo è
tangibile: eccesso di arrangiamenti e cura per i dettagli formali,
riferimenti che si allargano (complimenti: per nulla facile!) a Nico
senza il suo teutonico decadentismo sturm und
drang e a Laura
Nyro senza la sua grazia intimamente
folk. Certamente più apprezzabile dal vivo, dove i barocchismi e gli
eccessi di citazioni dovrebbero lasciare spazio alla spontaneità
della scrittura (di buon livello) e al rapporto diretto col pubblico.
Resta, nel bagaglio musicale espresso finora ed intuibile per il
futuro, una delle artiste femminili da seguire con maggiore
attenzione.
Voto
Microby: 7.3
Preferite:
Feel
You, Silhouette, Sea Calls Me Home
lunedì 9 novembre 2015
Recensioni: Blitzen Trapper, Elizaveta, Glen Hansard
BLITZEN TRAPPER - All across this land (2015)
Dopo 15 anni di musica e 8 album, il quintetto di Portland riesce sempre ad entusiasmare con il suo country-rock (più rock che country) anni ’70, fortemente ancorato ai modelli di quegli anni (Thin Lizzy, Flying Burrito Brothers, John Prine e compagnia bella) ma secondo espressioni sempre innovative alla maniera di Drive-By Truckers, John Mellencamp e Black Crowes. In un certo senso questo album è forse il più convenzionale della loro carriera ma è anche quello in cui si avverte la compiuta realizzazione della band in quanto tale. I brani migliori: Cadillac Road, Let the Cards Fall, Across the River. Voto: ☆☆☆1/2
ELIZAVETA - Messenger (2015)
Al suo secondo lavoro (terzo se consideriamo anche l’EP “Hero” del 2014), la cantante russo-americana conferma di essere una musicista e compositrice assolutamente brillante. Non vi sono dubbi che il modello più immediato sia sempre più Regina Spektor: la sua voce sottile, potente ma non prepotente, fa da filo conduttore al suo pop ricco di riferimenti classico-operistici e soul-elettronici. La sua formazione musicale riesce a evitare il rischio di ripetitività: ne risulta un cocktail di stile e abilità compositiva di qualità sopraffina. Si riascolti anche il precedente, splendido, Beatrix Runs del 2012. A parte il primo brano, esageratamente adorno di drum beats elettronici, il resto dell’album è caldo e d ammaliante. Brani migliori: Icarus, Satellite, These Stupid Games. Voto: ☆☆☆1/2
GLEN HANSARD - Didn't He Ramble (2015)
Negli anni passati di lui ci si ricorda per la partecipazione al film “The Commitments” (era il chitarrista rosso di capelli) e per la 25ennale esperienza come frontman dei Frames, autori di un buon numero di dischi interessanti, anche se mai ricordati per grandi successi. La svolta avviene nel 2008 con la partecipazione al film “Once” e la conquista dell’oscar come migliore canzone in coppia con Marketa Irglova. Abbandonato dopo pochi anni il sodalizio con la Irglova (gli Swell Season), il 45enne cantautore irlandese è al suo secondo album solista, a 3 anni dal precedente “Rhythm and Repose”. In questo nuovo lavoro GH conferma la sua musicalità elegante, raffinata ed evocativa, con un folk-pop dagli aromi irish e soul che si pone da qualche parte tra Springsteen, Bob Dylan, Ben Harper, Van Morrison e Damien Rice. Brano chiave è senza dubbio Lowly Deserter, con violini, banjo e fiati che sembrano usciti dalle Seeger Sessions di Bruce Springsteen.
Sta decisamente diventando uno dei più interessanti cantautori della nostra epoca. Da ricordare: Lowly Deserter, My Little Ruin, Just to Be the One. Voto: ☆☆☆☆
mercoledì 28 ottobre 2015
A THOUSAND HORSES, JESSE MALIN, CHAMPS
A
THOUSAND HORSES (2015) Southernality

Voto
Microby: 7.8
Preferite:
First
Time, Smoke, (This Ain’t No) Drunk Dial
JESSE MALIN (2015) New York
Before The War

Voto
Microby: 7.6
Preferite:
The
Dreamers, She’s So Dangerous, Freeway
CHAMPS
(2015) Vamala

Voto
Microby: 7.4
Preferite:
The
Balfron Tower, 3000 Miles, Running
venerdì 16 ottobre 2015
I MIEI PEZZI DA SALVARE DEL 2015 - parte seconda
"The way (I used to know)" FINISTER (Album "Suburbs of mind") -
"First kiss" KID ROCK (Album "First kiss") -
"Last tango on 16th street" BOZ SCAGGS (Album "A fool to care") -
"The call" NEAL MORSE BAND (Album "The great experiment") -
"Beautiful day" JOSHUA RADIN & SHERYL CROW (Album "Onward and sideways") -
"You kill me with silence" DURAN DURAN (Album "Paper gods") -
"Night games" DARKNESS FALLS (Album "Dance & cry") -
"Heart of stone" MARIO BIONDI (Album "Beyond") -
"Degency" BALTHAZAR (Album "Thin walls") -
"Krk blues" ALOA INPUT (Album "Mars etc")
"First kiss" KID ROCK (Album "First kiss") -
"Last tango on 16th street" BOZ SCAGGS (Album "A fool to care") -
"The call" NEAL MORSE BAND (Album "The great experiment") -
"Beautiful day" JOSHUA RADIN & SHERYL CROW (Album "Onward and sideways") -
"You kill me with silence" DURAN DURAN (Album "Paper gods") -
"Night games" DARKNESS FALLS (Album "Dance & cry") -
"Heart of stone" MARIO BIONDI (Album "Beyond") -
"Degency" BALTHAZAR (Album "Thin walls") -
"Krk blues" ALOA INPUT (Album "Mars etc")
mercoledì 14 ottobre 2015
MELODY GARDOT, OLIVIA CHANEY
MELODY
GARDOT (2015) Currency of Man
Sdoganato
e apprezzato da decenni, sia dai jazzofili che dai rockettari, il
jazz fumoso, notturno, alcoolico, da piano bar (Tom Waits in assoluto
e Paolo Conte in Italia gli esempi più fulgidi), lo snobismo
bipartisan rock e jazz ha sempre poco considerato i territori di
confine, generalmente virati al femminile (se si eccettua
l’importante capitolo dei “crooners” alla Frank Sinatra, Harry
Connick Jr., Nat King Cole, Bing Crosby, Dean Martin fino al
contemporaneo Michael Bublè… mi perdonino i precedenti!), in cui
si intersecano il pop-rock sofisticato e la canzone d’autore da
jazz-club. Confini peraltro sempre più labili, come dimostrano non
solo gli arrangiamenti (si cerca lo swing
nel jazz, il groove
nel rock, il refrain catchy
nel pop, ma è questione di lana caprina) ma anche i dati di vendita,
che vedono le varie Diana Krall, Madeleine
Peyroux, Cassandra Williams ed appunto
Melody Gardot affiancare le interpreti pop rock più stimate. Eppure,
per venire al 5° album dell’americana, al solito bello, deve
essere un amico a passarmelo perché ascolti qualcosa oltre il “mio”
ambito di interesse musicale (peraltro già eccessivamente ampio). E
allora godo di ottime canzoni, dagli arrangiamenti raffinati ma
swinganti, suonate benissimo, godibili anche in auto e non solo al
Blue Note, e penso che Melody Gardot non sia musicalmente così
distante da Laura Marling, Rickie Lee Jones, Sophie Zelmani, Laura
Mvula, Anna Luca. Con partiture così geometriche, arrangiamenti
puntuali, esecuzioni misurate, assoli concisi, e lo swing che
incontra il groove, Currency of Man
rappresenta il lavoro più soul-pop-rock-(jazz)
della Gardot. Certamente quello che la proietta fuori dagli angusti
confini della jazz-singer.
Voto
Microby: 7.9
Preferite:
Preachermen,
Don’t Talk, Morning Sun
OLIVIA
CHANEY (2015) The Longest River

Voto
Microby: 7.2
Preferite:
Imperfections,
Swimming In The Longest River, Too Social
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