Genere:
Soul,
R&B, Blues, Swing
Simili:
Ray Charles, Otis Redding, Jackie Wilson
Voto
Microby: 7.7
Preferite:
CD1 : Blue Funk, Where Have All The Rebels Gone, No Good Deed Goes Unpunished
CD2
: Duper’s Delight, Jealousy, Why Are You On Facebook?
Ai
primi ascolti dell’undicesimo album in undici anni di Van “The
Man”, il primo doppio (28 canzoni) in studio dai tempi di Hymns
To The Silence
(1991), la reazione è stizzita più che annoiata: ma come, la
solita, ennesima minestra? Peggiorata dall’ulteriore recente presa
di posizione pubblica da negazionista-COVID che ha rinforzato la sua
fama di antipatico e misogino. E confermata da testi insolitamente
banali, spesso di livello medio- più che tardo-adolescenziale, a
tratti imbarazzanti per un artista che ha dimostrato di saper
esprimere in modo squisitamente poetico i sentimenti umani.
Musicalmente, rispetto alla storica critica di pubblicare da decenni
lo stesso disco con i titoli cambiati, ai primi approcci verrebbe
perfino da peggiorarla: melodie che sembrano non aver fatto il minimo
sforzo per distinguersi dai canovacci del blues e del soul anni ’60
già esaltati dall’irlandese al tempo dei Them, e finanche per
differenziarsi l’una dall’altra. Insomma un compito pigro e
svogliato, sebbene calligraficamente ineccepibile, eseguito dal primo
della classe, ma anche il più antipatico e presuntuoso, senza che le
Muse della poesia e della musica abbiano sfiorato il “Latest Record
Project”. Poi, come si concede ai geni, si ascolta il lavoro più
volte, affidandogli prima il ruolo di sottofondo mentre si svolgono
altre faccende, poi l’attenzione a metà durante un lungo viaggio
in auto, e progressivamente emergono, insieme all’arcinoto piano
musicale, le “solite” qualità: voce straordinaria, musicisti di
primo livello, grande rispetto per la musica black anni ’60 che
però nelle mani di The
Man è
diventato in mezzo secolo un celtic
soul-blues
unico ed inimitabile (ma purtroppo l’aura mistica che pervade tutti
i migliori lavori dell’irlandese è assente in LRP, eccetto in un
brano, Duper’s
Delight). Inoltre
la constatazione che almeno musicalmente non esiste un brano debole,
e sebbene The Man non ci conceda nemmeno una gemma degna di entrare
tra le sue migliori 50 canzoni, il livello medio è buono e almeno
7-8 brani sono melodicamente ottimi. Brillanti i musicisti, sul
consueto impianto chitarre-piano-contrabbasso-batteria-cori-fiati
(tra cui il sax baritono di Morrison), con nota di merito per
l’onnipresente Hammond di Paul Moran. Peccato per la cattiva
qualità delle liriche, ispirate sostanzialmente al lockdown-COVID e
dintorni (presunte cospirazioni politiche e ruolo dei social
network): per dirla con Rolling Stone “nella
maggior parte dei casi, le 28 canzoni in scaletta sembrano una
collezione di tweet, rant su Reddit e post da troll. Nei momenti
migliori, Latest
Record Project è
un bizzarro mix di paranoia e indignazione così cocciuto da
risultare quasi divertente. Nei peggiori, con quegli arrangiamenti
lounge e la scrittura pigra, il disco è solo una cosa e niente di
più: un lungo elenco di lamentele e rimostranze private di Morrison.
Nella maggior parte di Latest
Record Project
Morrison mette in mostra reazioni (e arrangiamenti) superficiali come
se fossero prodotti rifiniti. Il risultato è una raccolta di riff e
invettive a volte piacevole, altre frustrante, saltuariamente
eccitante e in buona parte inascoltabile.” La stroncatura vale
all’irlandese un giudizio di 2/5, non isolato dal momento che
globalmente i giudizi sono negativi: Metacritic 52/100 (la media
delle recensioni worldwide), Pitchfork 5.4/10, AllMusic 2.5/5, Mojo
4/10. Al solito Van Morrison è divisivo: si va dai 2/10 di The
Guardian al 9/10 di American Songwriter, e l’amore italico per il
mito irlandese garantisce le critiche più benevole, perfino
entusiastiche, proprio da parte della critica musicale dello stivale
(per lo stimatissimo Aldo Pedron – su Off Topic – “il 42°
album di Van Morrison è il più dinamico, il più versatile e
contemporaneo da anni… Ancora una volta restiamo meravigliati dalle
sue armonie… 2 ore e 7 minuti di musica eccelsa”). Personalmente
non lo inserisco tra i suoi lavori imprescindibili, ma certamente tra
quelli di buon livello.